domenica 28 ottobre 2007

Beograd

Scritto il 12 Giugno 2006.

Giovedì 25 maggio si parte per la Serbia. Viaggio a lungo agognato e posticipato, prima per i problemi con il passaporto, poi per i vari impegni e esami, alla fine si riesce in qualche modo a fissare una data. Lo juoppo ci da buca all’ultimo momento perché deve studiare, ma io e Sabine non possiamo rimandare per l’ennesima volta e ci diamo appuntamento la mattina a Mars Tèr. Arrivo con il libro di serbo-ungherese passato da Engo, qualche banconota serba che ho dovuto attentamente studiare la mattina stessa, schede telefoniche, il solito pupazzetto che mi ha portato anche a Makò e l’avviso se ti fanno problemi al confine contatto mio padre che è avvocato. …brutte esperienze e bizzarri casi di abbandono e inseguimenti in macchina…Il confine si rivela tranquillo, amichevole “interrogatorio” e con il pullman fino a Subotica, città a una mezzora dal confine che fino allo smembramento dell’Impero Austro-Ungarico faceva parte dell’Ungheria. Siamo in Serbia, ma possiamo ancora comunicare in ungherese. Passeggiata per il centro e per il black market. Il pomeriggio si riparte per Belgrado. Premessa: da più fronti rassicurata “tranquilla in Serbia non è come in Ungheria, parlano TUTTI inglese, non avrete problemi…”Arrivate in stazione ci informiamo sugli orari del pullman di ritorno. Troviamo la tabella con gli orari…peccato che è in cirillico. Ottimo! Come cazzo si scriverà Subotica in cirillico?! OVVIAMENTE nessuno parla inglese, giovani, vecchi, passa una mezzora prima che riusciamo a tirarne fuori qualcosa. Superato il primo Baby Step ci concentriamo sull’obiettivo successivo: trovare l’ostello. OVVIAMENTE non abbiamo mappe della città, sappiamo solo di dover prendere un certo tram n.3 o 11 per 3 fermate…non sappiamo però in che direzione. OVVIAMENTE senza saperlo lo prendiamo nella direzione opposta, scendiamo alla fermata sbagliata e lì vagabondiamo per un’altra buona mezzora in cerca di qualcuno che parli inglese E conosca la strada che stiamo cercando. OVVIAMENTE trovare tali requisiti nello stesso soggetto si rivela impresa impossibile. La mia conoscenza del serbo per il momento si ferma a: coccinella, E.T telefono casa, vattene, si, no, dito, ti amo. Decido che non è il caso di mettersi a citare Spielberg o lanciare dichiarazioni d’amore ai passanti. Ci infiliamo allora in un albergo lungo la strada e chiediamo alla reception una cartina e come arrivare nel fatidico luogo. Riprendiamo il tram questa volta nella giusta direzione e scese alla fermata ci rendiamo conto che oltre a non conoscere l’inglese in questo posto ignorano anche l’alfabeto latino. Le strade sulla nostra cartina sono scritte con lettere a noi familiari. I nomi delle vie per le strade sono in cirillico. Le 2 cose non combaciano e ci ritroviamo di nuovo perse. Sono passate 2 ore da quando siamo arrivate alla stazione e siamo ancora in strada ad arrovellarci il cervello per decifrare questa lingua. Non si sa come alla fine riusciamo a trovare il posto. Sono quasi le 23. Ostello pulito, nuovo, accogliente, centralissimo, gestito da 2 ragazzi disponibilissimi. Probabilmente il migliore in cui mi sia trovata a dormire. Se vi serve un posto economico dove pernottare a Belgrado io consiglio lo Star Hostel. La prima notte siamo solo io e Sabine, la seconda arriva una coppia di canadesi che sta viaggiando per il mondo facendo anche couch surfing. La seconda giornata la passiamo a vagabondare per la città e finalmente vivo i balcani…Quello che ho amato di Belgrado:
1- L’autista del nostro tram la prima notte che siamo arrivate. Un ragazzo sotto i 30 che fumava alla guida: di punto in bianco ferma il tram, salta giù, va alla macchinetta bancomat, preleva al volo, risalta su e riparte come se niente fosse. Un semaforo rosso più in là riapre le porte, scende, compra sigarette dal chiosco all’incrocio e ripartiamo con altrettanta nonchalance. L’ho A-M-A-T-O. Sabine ha scattato foto del nostro autista mentre prelevava…
2- La comunità rom sotto il ponte che ho visto dal pullman in arrivo a Belgrado. Bellissima…
3- Il panorama dal Kalemegdan, il parco che dà sui fiumi: vedere il Tisza confluire nel Danubio, le strade affollate, il traffico della città, i vecchi edifici.
4- L’esposizione d’arte contemporanea che ho incidentalmente scovato in una strada del centro. E scoprire al ritorno che il fratello di Engo ha partecipato ad uno dei progetti esposti. 5- Il pub in cui siamo andate a bere una birra la seconda sera. Una mosca bianca in mezzo a tutti quei locali troppo occidentali e alla moda della via principale Knez Mihailova. Caratteristico, di quelli con le vecchie foto in bianco e nero alle pareti, i tavolini e le sedie di legno bassi e grezzi, e la proprietaria che mi ha risposto di andare in Montenegro a prendermi la birra che le avevo chiesto perché è di quella regione…alla fine ci siamo accordate per una Bip che è di Belgrado.
6- L’uomo che mi ha venduto il gelato nel parco. Una specie di cornetto algida che prima di porgermi mi ha gentilmente scartato spiaccicando le sue dita sulla crema appena sopra la cialda. Ho A-M-A-T-O anche lui.
7- Gli edifici bombardati dalla Nato. Sono passati 7 anni ormai e sono ancora lì nelle stesse disastrate condizioni. Cimeli da un passato ancora presente? No, pare piuttosto che non sappiano che farne… le guardie all’incrocio mi hanno chiesto di non scattare foto…dopo che ne avevo fatte almeno una dozzina…
8- La chiesa immensa che è under construction dall’inizio del 20 sec. Pare assurdo, ma tra una guerra mondiale e l’altra, un regime comunista e la mancanza di soldi sono passati 100 anni e ancora non sono riusciti a finirla. L’edificio è troppo megalomane e religioso per i miei gusti, ma la sua storia è affascinante.
9- La mail del parrukka con le lettere in cirillico e le corrispettive nel nostro alfabeto (bel pensiero …peccato che la mail è arrivata con le lettere cirilliche trasformate in latine) e il cirillico stesso che alla fine ho imparato a leggere da sola, per spirito di sopravvivenza e che devo ammettere essere davvero interessante.
10- La bottiglia d’acqua VODAVODA che ha il più bel design che abbia mai trovato in una bottiglia d’acqua. Altro peso extra che dovrò trascinarmi in patria. Fortuna che ho sapientemente preso quella di plastica invece di quella di vetro…che però fa tutta un'altra figura.

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