domenica 28 ottobre 2007

L.A. Confidential e Pirandello

Scritto il 2 Marzo 2005.

La L.A. presentata da Ellroy è una Città degli Angeli cupa, inquietante, corrotta e violenta. Qui negli anni '50 le strade dei tre poliziotti protagonisti si incrociano nella lotta contro la corruzione e per la soluzione di un importante caso di omicidi/droga/pornografia. La trama è complessa e con il procedere della storia si infittisce ulteriormente, lasciando che episodi apparentemente distaccati si annodino indissolubilmente. Ammetto che non è stato facile ricordare le centinaia di nomi che animano la vicenda, o memorizzare dettagli, episodi, conversazioni. Comunque...Qual'è la peggiore realtà che si possa immaginare?
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Quella in cui non si ha niente di certo e non ci si può fidare di niente e nessuno. Quella in cui ci si ritrova sperduti ed impauriti, senza appigli o punti d'appoggio, in una oscurità senza fine. Nessuna certezza, nessuna verità assoluta o irremovibile.Benvenuti nella realtà di L.A. Confidential.Qui i "buoni" non sono buoni. Qui non esistono i classici poliziotti impeccabili e senza macchie, giusti e razionali, che rispettano e fanno rispettare la legge. Qui i "buoni" sono spesso uomini drogati, alcolizzati, opportunisti, ambiziosi, violenti e codardi che non raramente si fanno giustizia da soli. Qui non esistono i "cattivi" a cui eravamo abituati. I contorni non sono distinti, i ruoli si mescolano, si confondono. Qui niente è quello che sembra. Tutto è messo in discussione. Insomma, qui la realtà è rappresentata per quello che è: assolutamente relativa e personale.Questo inevitabilmente mi rimanda al caro vecchio Pirandello e alle sue illuminanti considerazioni sulla relatività e molteplicità della realtà. Abbandonato ogni pregiudizio e falso moralismo come si può credere di poter emettere un giudizio, una sentenza assoluta ed assolutamente valida?Tenuto conto di ciò come si può stabilire quale sia il miglior modo di agire? Ognuno ha le sue motivazioni, le sue esperienze che lo hanno portato ad una particolare concezione di vita, le sue paure, le sue ossessioni, le sue fragilità. Qualsiasi giustizia, per quanto si sforzi di essere imparziale, sarà sempre filtrata da sentimenti, valori, esperienze private. E allora nonostante le loro evidenti imperfezioni, come si può non rimanere affascinati dai tre protagonisti Ed, Jack e Bud? Così diversi eppure così simili nella loro ricerca di un'espiazione, di una assoluzione, di una pace interiore che taciti la coscienza. Come si può non amarli anche e soprattutto per questo, per la loro vulnerabilità, per la loro umanità? E allo stesso modo come si può ad esempio non provare compassione per David Mertens, il bambino/mostro cresciuto a forza di cartoni porno? O per il vecchio Preston Exley, padre di Ed, che ha sempre creduto di vivere secondo una morale indiscutibile, ma che si è macchiato di un orribile delitto?Neanche il finale è convenzionale. Chi sperava che alla fine le cose tornassero a posto, che i "cattivi" pagassero per le loro colpe e i "buoni" vincessero il male e fossero premiati, non sarà accontentato. In effetti viste le precedenti considerazioni sull'impossibilità di un'effettiva giustizia sarebbe stato fuori luogo il classico lieto fine. E infatti Ellroy non ci delude. Tuttavia lascia spazio alla speranza, perchè in fondo la parola fine non esiste davvero.

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