domenica 28 ottobre 2007

Vége - Fine

...

Szeged, 03 Luglio 2006.

Che fra 2 giorni torno da te che mi vuoi bene.
Che 3 giorni fa ho salutato qualcuno a cui voglio bene e la pioggia isonorizzava.
Che ho camminato leggera e scherzato con Ilaria, perché se tu puoi vivere posso riuscirci anche io.Che per un attimo ho pensato se mi stessi pensando. Poi ho ripreso a trasportare bottiglie vuote fuori dall'appartamento.
Che sono andata all'internet point e leggendo ho finalmente potuto scrivere. Solo istantanee malinconiche.Che allora ho lasciato passare il tempo e gli umori e ho capito che ci sono infinite possibilità di affrontare i cambiamenti. Ho scelto la mia e ho ricominciato da capo. Per tutti i ricordi, gli stimoli, i punti di vista. Per quanto mi hai cambiata, involontariamente. Naturalmente. Svegliarsi al mattino e sentirsi proporre un langos per colazione. Scoppiare a ridere e non crederci neanche un po che preferirai la bici all'ozio a letto. Che abbiamo provato ad arrivare a Buda con l'autostop per una festa zingara d'inizio estate. Ma il luogo e l'ora non ci hanno favorito. Che il sole picchiava e abbiamo riso dei nostri deliri. Che alla fine siamo tornati a casa a dormire e a guardare la partita del Portogallo con Rui. Che il giorno dopo siamo riusciti ad andare ad Opusztaszer. Il parco e le corse per le foto con le batterie scariche. Che all'uscita qualcuno si è fermato per darci uno strappo. Un uomo alla guida di una specie di trabant con i sedili imbottiti di lana di pecora. Peccato che la direzione fosse l'opposta. Che organizzare il fine settimana a Zagabria si è rivelato l'impresa dell'anno. Che ogni giorno saltava fuori un inconveniente. Ma ho 21 anni, flessibilità, pazienza e fantasia. Che abbiamo atteso con ansia le risposte alle nostre mail. E alla fine abbiamo trovato un americano disposto ad ospitarci sul suo divano. E così ci siamo messi a surfare anche noi per case altrui. Che è stata una delle esperienze turistiche migliori che abbia provato. Che ho scoperto un mondo diverso e in cui avere fiducia. Una villetta nel centro, le chiavi di casa, l'unicum che gli abbiamo portato, la rakia che ci ha offerto, la serata al Mockvara e la musica balcanica, i tram alle 5 di mattina e la birra Ozuisko.
Che come è iniziato si sta chiudendo.Il pezzo che non si incastra perfettamente nel mio puzzle. Lo stesso pezzo che però mi piace e che ora voglio. Quello di cui ho avuto bisogno, forse ancora oggi. Forse. Che sei cambiato, dal giorno alla notte. E sull'erba di quel parco con i piccioni di Zagabria mi hai fatto male e hai perso luce. Le mani avanti prima di cadere. Forse sei davvero caduto un po'.Che so non comprendi davvero né io ti comprendo davvero. Che seduti sulla panchina Zoli ha detto che sembravo triste, guardavi avanti. Penso al barbone che ci ha raggiunti in quello stesso parco, l'uomo che abbiamo reso più ricco di noi, e alle parole in serbo-croato di cui non ho voluto chiedere il significato. Un'unione consacrata da un ubriaco. I piccioni a Zagabria. Che quello che è stato Pècs non è stato Zagabria. Ma che nessuno potrà strapparmi via il ricordo di entrambi.Che quello che é stato lasciarsi ad aprile non é stato lasciarsi a giugno. Ma che non avrebbe potuto essere altrimenti.Penso alla sera sul tetto a guardare le stelle con Zoli e Engo. E come tutto sia iniziato per coincidenze incrociate.Che poi mi sono sorpresa a dirti che voglio tornare a Roma, che mi mancano mia sorella e le mie cugine. Ma che sappiamo che non ti manca ciò che hai, e così mi mancherai anche tu.Che ho bisogno del colosseo, un panino e un cielo stellato. E ho bisogno che il tempo ripercorra alcuni sguardi, alcune risate, alcuni luoghi.Penso a 4 sere fa, a quando lascio sciogliere i nodi e le parole portano al contatto. A sentire la fusione. L'aria fresca, la pelle calda. Il battito del cuore in un orecchio, lo scrosciare della pioggia nell'altro. E torni a dire quello che hai negato..Che tornerò e tornerai, ma sarò diversa e sarai diverso. Insieme diversi.Che è stato quello che mi hai augurato con una canzone prima che partissi e lasciassi roma per 5 mesi. Che è stato più forte di quello che credessi. Che avevo i calzini ancora zuppi per la pioggia presa e i pantaloni bagnati fin sopra le ginocchia, e la camera era un confuso ammasso di oggetti e ricordi da sistemare.Che volevo lasciare uscire qualche lacrima, ma anche sapermi forte da evitarle. Poter saltare in avanti e organizzare la mente e il corpo. Riuscire a ritrovare solo il bello, quello che per cui vale la pena vivere. Che oggi voglio vedere oggi, non arrestarmi a ieri. Con la coscienza che quello che ho oggi è un'estensione del mio ieri. E che sei lí da qualche parte in Turchia con una scheda telefonica esaurita. E io qui a ripercorrere involontariamente ogni marciapiede, ogni angolo, ogni borpatika o scorcio del fiume. Con il sorriso e la voglia di trovare altra bellezza. Ovunque.

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